Se adesso tu fossi qui, accanto a
me, sotto il piumino,abbracciata al cuscino a forma di gatto regalo dello
scorso Natale, ti guarderei sorridendo lieve. La tenerezza di chi guarda la
persona che ama. Cercando di immaginare i sogni che fanno muovere gli occhi
sotto le palpebre chiuse.
Una domenica mattina come questa
ci eravamo svegliate abbastanza presto. Avevamo preso il treno nell’aria
frizzantina del giorno che stava esordendo e siam andate a Porta Portese.
Avevo il timore di sembrarti
sciocca o peggio stramba: una bimba che si diverte a rimestare tra i banchi in
cerca di non so cosa a pochi spiccioli, come fosse una caccia al tesoro.
Di quel giorno ricordo la
sintonia quasi magica di metter insieme le mani nei mucchi enormi lottando per
accaparrarsi il pezzo migliore, ridendo a bocca aperta e baciandoci di tanto in
tanto.
Giusto due cosette,ci eravamo
dette, ne siam venute fuori con due zaini pieni comprati ad hoc in uno degli
ultimi banchi. Le risate ci hanno accompagnate per tutto il giorno.
Non ricordo molto altro. Dopo il
pranzo fuori credo siam tornate a casa, stremate. Ma felici. Ecco,felici.
Di quella felicità piccola ma
intensa di ritrovarsi specchiata nell’altra nello stesso interesse “infantile”
di comprar cose nuove.
Se tu fossi qui in una mattina
come queste mi alzerei piano per non svegliarti e dopo essermi rinfrescata il
viso andrei in cucina a metter su il caffè. Sorriderei della piccola abitudine
d’aver imparato a farlo come piace a te: allungato con l’acqua e zuccherato al
punto giusto. Non troppo caldo,né troppo freddo. “Perfetto”, come mi hai detto
nella tua cucina affacciata sulle montagne, la luce che batte sui lucernai
scaldandoci.
Se tu fossi qui, in una mattina
come queste, quando il sole è troppo timido per uscire e l’aria è pizzicorina, sbatterei le uova col
latte e farina, ne farei dei pancake che tu diresti essere troppo pesanti per
mangiarne più di uno, con la marmellata di albicocche fatte da mia madre
spalmata sopra, nel piattino a fiori sopra il tavolino sul balcone di casa. La
signora della casa difronte coi capelli ribelli in una tinta innaturale ci
saluterebbe nel suo immancabile top rosso con sorriso sincero. Facendole da
eco,la signora della gattona nera agiterebbe la mano dal balcone accanto, e la
nostra immancabile e pettegola vicina, coglierebbe l’occasione per parlarti di
argomenti senza senso tenendoti impegnata per almeno dieci minuti. Mentre io mi gusto la semplice quotidianità di
noi.
Se tu fossi qui, in una mattina
come queste, ti saresti svegliata presto per l’unico giorno della settimana nel
quale devi esser al lavoro alle 9 per gustarci a fine turno un pranzo insieme fatto
di pasta asciutta dopo un aperitivo con le solite olive condite e i pezzetti di
parmigiano che immancabilmente cadevano “da soli” mentre ne grattavi in una
porzione generosa, con il pisolino sul divano il doppio caffè e il pomeriggio
insieme tra le corsie. Mi dicevi che ti distraevo,però era bello giocare a
essere complici in quelle ore.
Se tu fossi qui, ora, proverei a
farti ricordare i nostri momenti felici. Per annebbiare quelli tristi. Quelli
che ti hanno portato via da me.
Se tu fossi qui, proverei a
crearne altri e altri e altri ancora, tenendoti per mano e dicendoti che per quanti
momenti tristi avremo, saranno solo
piccole parentesi per farci godere l’abbraccio del ritrovarsi.
Nessun commento:
Posta un commento
Che aspetti?Dimmelo!